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Golden share: chiuso il caso Volkswagen, occhi puntati sull'Italia

di Antonio Pollio Salimbeni

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23 ottobre 2007


Chiuso il caso Volkswagen, che offre alla Porsche la possibilità di aumentare la quota di controllo del capitale dall'attuale 31% e rafforza la Commissione europea nella battaglia contro i diritti speciali degli stati nelle imprese, ora tutti gli occhi sono puntati sulla procedura contro l'Italia. A metà luglio è stato inserito nelle cause della Corte di
Giustizia Ue il ricorso della Commissione contro la legge finanziaria 2004 che modificava il decreto legge di dieci anni prima, relativamente alle norme per la dismissione di partecipazioni dello stato ed enti pubblici in società per azioni.

Secondo Bruxelles, i poteri speciali attribuiti allo Stato nelle società privatizzate come Telecom Italia, Eni ed Enel sono «eccessivi e sproporzionati rispetto all'obiettivo di
tutela dell'ordine pubblico, della sicurezza pubblica, della salute e della difesa» nazionale. Il caso italiano è l'unico sul tavolo dei giudici Ue e visto che è appena arrivato alla Corte di Lussemburgo la sentenza non sarà pronunciata prima di un paio d'anni. Grazie a tali poteri speciali lo stato può opporsi all'assunzione di partecipazioni rilevanti che rappresentano almeno il 5% dei diritti di voto da parte di investitori e
alla conclusione di patti o accordi tra azionisti che rappresentano almeno il 5% dei diritti di voto; si prevede il veto sulle delibere di scioglimento della società, di
trasferimento dell'azienda, fusione, scissione, cambiamento dell'oggetto sciale, modifiche dello statuto che sopprimono o modificano i poteri speciali; sulla nomina di un amministratore senza diritto di voto.

La Commissione Ue ritiene che i criteri per l'esercizio di tali poteri speciali «non sono sufficientemente specifici o precisi per consentire all'investitore di un altro stato
membro Ue di conoscere quando saranno utilizzati». Inoltre, per settori sensibili come energia, gas e telecomunicazioni «gli interessi vitali dello stato possono essere tutelati
mediante misure di regolamentazione meno restrittive». Conclusione: tali i poteri speciali limitano «indebitamente» le libertà di circolazione dei capitali e di stabilimento
garantite trattato.

Contro l'Italia ci sono già stati due pronunciamenti negativi della Corte di Giustizia. Nel maggio 2000 vennero bocciati i decreti sui poteri speciali nelle privatizzazioni di Eni e
Telecom Italia: il governo non contestò i rilievi di incompatibilità con il diritto comunitario, ma non rispettò i tempi delle modifiche. Cinque anni dopo la bocciatura delle norme anti-Edf che sospendevano i diritti di voto per partecipazioni superiori al 2% del capitale di imprese che operano nei settori elettrico e del gas quando
tali partecipazioni sono acquisite da imprese pubbliche non quotate in mercati finanziari regolamentati e titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale. Allora vennero sterilizzati al 2% i diritti di voto di Edf sia in Italenergia bis Spa sia in Edison Spa.
Naturalmente ogni 'golden sharè o diritto speciale ha una storia specifica. Il settore auto è di gran lunga meno 'sensibilè, meno 'strategicò dal punto di vista della
sicurezza nazionale di energia e telecomunicazioni. Detto questo la Corte dovrà valutare se i diritti speciali dello stato sono proporzionati o se costituiscono uno sbarramento ingiustificato alla libertà di movimento dei capitali.
Oltre alla sentenza Volkswagen, fa testo naturalmente anche la precedente sentenza dell'anno scorso contro le 'golden sharè detenute dallo stato olandese nella Kpn (tlc)
e nella Tnt (che controlla Tpg, logistica e distribuzione della posta).

Se alla Corte Ue non pendono altri casi, il tema è oggetto di diatribe frequenti tra i governi e la Commissione che da una decina d'anni cerca di contrastare il ricorso
alle 'golden sharè facendo di tutto per limitarle a casi specifici. Il caso più scottante riguarda in questi mesi il futuro gruppo Gdf-Suez nel quale lo stato francese vuole
mantenere una 'golden sharè per proteggere le infrastrutture strategiche. Subito si è accodato il Belgio che rivendica una propria «golden share» per preservare gli
interessi del paese nel nuovo gruppo. Bruxelles finora ha ribadito che «il diritto europeo impedisce di detenere azioni preferenziali».
In giugno l'esecutivo Ue ha chiesto al Portogallo di rinunciare ai diritti speciali in Energias de Portugal e Galp Energia. Inoltre sta premendo sul governo tedesco per
avere informazioni sul gruppo Ruhrgas; ha minacciato l'Ungheria di ricorrere alla giustizia Ue per una legge che vieta gli acquisti di società ungheresi per bloccare il
gruppo petrolifero e del gas austriaco Omv interessato alla Mol; ha preteso dalla Romania la modifica della legge sui diritti speciali detenuti nel primo gruppo petrolifero
Petrom acquistata nel 2004 dalla Omv.
(agenzia radiocor)

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